Sei ancora preso dall’eccitazione e dal rush adrenalinico, ti vien voglia di ringraziare il mondo.
Che bella giornata quando abbandoni il lavoro un’ora prima e hai il tempo di raggiungere il mare e lo scirocco benigno ti insluffa 20 nodi abbondanti di caldo, teso, sensuale abbraccio, e la tavola vola (anche se non la sai domare, ma ci provi!) o per qualche minuto sembra seguirti.
Tu gridi ordini in una voce squarciagola solitaria e pesante: “bolina -maledizione” – l’espletivo in realtà è più pesante– prima intendendo plagiare la tavola a seguirti, poi solo a confortare te stesso, il fiato di pesante salsedine solo quella il vento non sembra portar via, i primi saltelli al lasco sulle onde poi, maestosa, definitiva, lisergica, esiziale, incontrollabile la tavola ti porta su e
plana.
Lo spettacolo è bello lo stesso vicino alla riva (al beach break) mentre trascini la tavola gli ultimi infami cinquanta metri di scarroccio per rientrare e allarghi le braccia a prendere il vento sul torace, i neuroni scaricano allegri e senti la 1812 di Ciaikoski: si proprio quella
Ti calmi un po’, basta con gli affanni di gioia con lo sguardo lontano sopravvento invidii giovani dotati cavalieri ancora in sella, quasi apprezzi anche i kiters (no, non ci credo, questa è atarassia).
Componi, automatico, uno haiku sacro e blasfemo
entusïasmo ho respirato Dio ed ero io
Poi si fa tardi, smonti tutto, fai una doccia fredda e vieni via.