et albo versòrio teneba, et negro sèmen seminaba

Mese: Novembre 2003

That’s the Sound of the Men Working on the Chain ga-a-ang

lunedì, 24. novembre 2003, 15:54

 

[Colonna sonora: Sam Cooke Chain Gang]

"non dite a mia mamma che lavoro nella formazione professionale, lei pensa che faccia il pianista in un bordello"

Se mia madre trovasse il mio blog, novello adattamento dell’immortale caccia al diario dell’adolescenti, lo troverebbe così banalmente privo di festini e gozzovigli, così scevro di pruriginosi particolari piccanti che, paventando l’ipotesi, almeno faccio l’outing di cui sopra. Certi miei trascorsi artistici del resto, poco avevan da invidiare all’eroica figura di "musicista postribolare" [classificazione ISTAT 0113459 Artista/intrattenitore per Saloni di Servizi alla Persona]
La peggiore delle mie mansioni rimane il quotidiano scontro con moduli e registri tutti inopinatamente pregni del più funanbolico gergo settoriale: quando qualche ragazzo mi chiede il perchè dell’incomprensibilità delle riviste informatiche rispondo abbozzando. Ma loro son fortunati a non scontrarsi con l’universo parallelo e inconoscibile (non ineffabile, purtroppo) dei "crediti formativi", della "analisi ponderata del fabbisogno dei discenti", del "rapporto empatico tutoriale", e di talaltri nequizie che mi invoglierebbero (e ora lo faccio) a scriverne un generatore automatico (VTBG-online, ora lo brevetto, dove VTB sta per vocational training bullshit generator – Mamma perdonami se non traduco).
Chi sa fa, chi no insegna, chi proprio non capisce un trullàllero (mi raccomando la pronuncia sdrucciola se non non fa effetto) progetta.

Il Ruggito del Bradipo

 

Earth Blog Summit

Ad Ancona nell’ambito della fiera Eco&Equo (dal 20 al 23 novembre http://www.ecoandequo.it) un gruppo di blogger interessati ai temi ambientali si riunisce sabato 22 "per conoscersi, discutere agire".
( ulteriori informazioni su pandemia, il blog di Luca.)
Fin qui la notizia.

Blandamente, il blog che preferisce i bradipi e le balenottere grigie del pacifico a numerosi umani appoggia (direi "appoggia decisamente" ma l’avverbio cozza contro i principi filosofici del sito) l’iniziativa e la seguirà. Il modesto estensore rifletterà, anche per biechi motivi personali, se parteciparvi fisicamente, nonostante la distanza e gli impegni: andare ad Ancona mi porterebbe a poter rivisitare la cittadina che preferisco nell’universo. Al teatro Pergolesi (si, il mio teatro preferito) c’è anche questo bell’evento (dal nome un po’ opinabile): Intrecci Primo Festival di scritture contemporanee tra teatro cinema e letteratura.
Yum !

Postilla autoreferrerenziale
Bello questo pezzo del Riformista su Rula Jebreal

Una emozione incerta – forse una non emozione.

mercoledì, 12. novembre 2003, 17:34

 

Lo straniero – outsider non stranger – prende il controllo.
Le "condizioni al contorno", l’ambiente, le persone, il lavoro: tutto precipita in una nuvola indefinita, in un effetto nebbia.
"Posso fare una domanda che non ci incastra niente" fa, come sempre (e sempre non ci incastra) una ragazza al mio corso, "perchè la mia macchina fotografica, quando il flash è semiscarico fa foto nebbiose ?" –
– "Perchè è un mondo difficile e nebbioso e il futuro è incerto "- vorrei risponderle.
Così, come nelle sue foto nebbiose mi appaiono le persone con le quali, più o meno, mi relaziono: un’ombra di irrealtà proiettata da un’ennesima ondata di solipsismo.
Oggi sono straniero al mondo.
Non fosse che per qualche labbra appena rosea su volti impalliditi dal primo freddo, complessioni immaginate tra i primi cappotti, uno o due sorrisi timidamente più coinvolgenti.
Non fosse che per i colpi di maglio, la realtà irrompe, sono i titoli dei giornali on-line che affrontano le breaking-news di bombe e morti ammazzati.

Una emozione incerta – forse una non emozione.

mercoledì, 12. novembre 2003, 17:34

 

Lo straniero – outsider non stranger – prende il controllo.
Le "condizioni al contorno", l’ambiente, le persone, il lavoro: tutto precipita in una nuvola indefinita, in un effetto nebbia.
"Posso fare una domanda che non ci incastra niente" fa, come sempre (e sempre non ci incastra) una ragazza al mio corso, "perchè la mia macchina fotografica, quando il flash è semiscarico fa foto nebbiose ?" –
– "Perchè è un mondo difficile e nebbioso e il futuro è incerto "- vorrei risponderle.
Così, come nelle sue foto nebbiose mi appaiono le persone con le quali, più o meno, mi relaziono: un’ombra di irrealtà proiettata da un’ennesima ondata di solipsismo.
Oggi sono straniero al mondo.
Non fosse che per qualche labbra appena rosea su volti impalliditi dal primo freddo, complessioni immaginate tra i primi cappotti, uno o due sorrisi timidamente più coinvolgenti.
Non fosse che per i colpi di maglio, la realtà irrompe, sono i titoli dei giornali on-line che affrontano le breaking-news di bombe e morti ammazzati.

Un palinsesto come si deve (2)

 

o della Televisione Intelligente
Sette giorni di scelte più o meno ragionate per passare il tempo nonostante la TV

Rex luscus in orbe caecorum.

La 7, nel cascame complessivo dell’etere, regna (nonostante il sito un po’ incasinato). "Americana", il martedì sera, è una serie giornalistica dallo stile leggermente antico ma efficace. Altri tre o quattro programmi non sono malvagi addirittura quella che era una ciofeca inutile, StarGate, già epitome dei cerchi nel grano interpetati come geroglifici fatti dagli zapotechi portati dagli ufo nelle notti di luna nuova, con Valerio Massimo Manfredi è rifiorita a trasmissione spesso seria e gradevolmente incentrata sulla Storia (se non vera, verosimile).
Se poi l’occhio vuole la sua parte, le mie pendenze vanno verso Marica Morelli gentile co-anchor di OMNIBUS (tutte le mattine dalle sette alle nove), il cui blando accento e l’invertita vocalità barese contribuiscono ad aumentare quello che una volta si diceva il "sex-appeal" e a rendere vagamente voluttuoso il mio risveglio.

PS. Alla sera un analoga atmosfera di letizia mi inspirano le sapide cronache di Rula Jebreal nel bel telegiornale notturno.

Di "Americana" e di TV parla anche Pandemia

Il Ladro di Cappuccini

artedì, 4. novembre 2003, 17:55

 

Al centro commerciale, isola aperta nel weekend, mi provo a colazionare con caffè macchiato e muffin.
Cominciamo male, penso, quando la solerte barista mi rimanda alla cassa per scontrino e muffin – intanto Le preparo il caffè – mi fa. Mi piego alla sua richiesta. E’ sempre lei che ricompare alla cassa, la collega ancora latita, io pago e mi conferma – "il suo caffè è pronto sul banco".
Al banco, sovrappensiero sfogliando il giornale vedo il mio caffè appena appena alla mia destra; quasi non noto la signorotta quarantacinquenne che sbafa un cornettone di fronte al macchiato.
Allungo la mano e lo prendo.
I commentini raggiungono il mio ipotalamo con troppa lentezza, ma gli sguardi, omicidi, mi trafiggono: non posso fare a meno di notarli.
"Nemmeno a chiedere, ma guardunpo’, che maleducazione" col tono di dire :"Eccolo, il genocida! No, peggio, il rapitore di caffè macchiati…" -.
Presto le due donne colpite dal più nefasto dei crimini solidarizzano come due scampate (seppur gravissimamente ferite) ad una atomica: io a scusarmi ci provo lo stesso, adducendo le mie ragioni (era il mio caffè! ##### [explicit]) – la pietà mista allo schifo deforma i loro volti manco parlassero con la feccia più imfame.
Io il caffè me lo sono bevuto lo stesso. E il muffin non era poi male.

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