et albo versòrio teneba, et negro sèmen seminaba

Mese: Luglio 2002

Una visita di istruzione

Quasi per miracolo, ieri riottengo la macchina. Il mio meccanico che parla con la calata della buonanima di Ferruccio Amendola quando doppiava De Niro, mi rende la Y, rimessa a nuovo.
Mentre attendo viaggio per la carrozzeria adiacente a guardare un po’ di macchine incidentate.
Tutte conciate allo stesso modo, una o due stelle di cristallo sul parabrezza, qualcuna col cruscotto in parte ricoperto da un bianco palloncino sgonfio.
Sudario troppo piccolo.

 

"Sarebbe anche il caso che le campagne istituzionali per la sicurezza stradale divenissero molto più esplicite e dirette"  Un grazie a Beppe Severgnini del Corriere.

Lasciamo sedimentare…

manon3

La prova, se riuscita, non va toccata oltre: è la mia teoria, che espongo sempre più quando in realtà tutto sembra andato storto.
Oggi, 6 ore a Torre del Lago, per provare poi 12 minuti in scena (si, il solito terzo atto)…
Ho visto le scene del quarto atto. Un deserto in louisiana !?
Poi mi informo (grazie Internet) e mi ricordo che la Louisiana era il nome generico di tutto l’immenso territorio francese comprato da Jefferson per 15.000.000 $.

"Capolavoro del tardo romanticismo musicale, il quarto atto di Manon Lescaut fa tornare in mente le conclusioni di Don Carlo e Aida. E ci rende palese l’enorme distanza col melodramma di Verdi, là dove la morte era l’unica possibilità per gli individui, oppressi dal potere, di realizzare le loro legittime aspirazioni terrene. «Non voglio morir!» urla solitaria, Manon. Gli amanti pucciniani continuano ad avanzare nella sabbia del deserto, fino all’ultimo cercando un’impossibile salvezza, perché l’unica certezza è la vita. Sono questi i valori disperati e sensuali dell’inquieta fin de siècle: la sensibilità moderna comincia qui dove il cielo scompare."
Di Turandot si dirà la prossima volta…

Giovani cacciatori bianchi

cacciatori

Ieri sera la scena di Manon Lescaut, le due teste mobili blu-verde costruite da Igor Mitoraj suggestive nella umida notte di Torre del Lago.
Manon rischia di essere il migliore degli spettacoli quest’anno, nulla ostante la lenta opera di costruzione registica di Castro (lenta nei ritmi e ossessiva nei volumi) che comunque sembra avere già un suo filo conduttore.
Musicalmente, già alle prime prove e scontata la distribuzione un po’ disordinata del coro già abbastanza bene. (Il direttore molto misurato)
Io, che entro solo nel terzo atto, mi gusto troppe volte la regia del primo, o attendo che il mio costume sia pronto (per sole tre persone sembrano dover arrivare chissà da dove). In scena, e solo in scena, ci si diverte un po’

Nel frattempo giovani donne (s)comparse, che nel terzo atto danzano dinanzi a noi (sceniche prostitute), nel frattempo si pavoneggiano in platea inseguite da pochi occhi maschili e da pochi estivi desideri…

Puccini festival

Andare a Torre del Lago tutte le sante notti, meno questa, poffarre! Iniziare a parlare come Illica e Giacosa del resto:

Giovinezza è il nostro nome!
La speranza è nostra Iddia;
ci trascina per le chiome
indomabile virtù.
Santa ebbrezza!
Or voi, ridenti,
amorose adolescenti,
date il cor.

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