et albo versòrio teneba, et negro sèmen seminaba

Categoria: Sinestesia Pagina 2 di 4

Tutti corrono, all’Elba

A Portoferraio il 23 gennaio mi sento solo. Per ragioni comprensibili ma non condivisibili non ci sono turisti nè indigeni per le strade della città vecchia.

Molte trattorie o ristoranti sono sbarrati. Uno espone un cartello: “chiuso per ferie fino al 4 febbraio – auguri a tutti”. Poi trovo un posto aperto, le persone sono cordiali il pasto dignitoso (più della media di questi ritrovi turistici) il prezzo adeguato agli standard (l’Italia finalmente divenuta la nazione più cara d’Europa). Mentre mangio una pastiera (sic) mormora un po’ il vento che s’alza timido.

Il posto è bellissimo  e stamane sono andato a mangiare un panino e poc’altro seduto in spiaggia, di fronte una tavola azzura, uno scoglio e due gabbiani che tubavano come piccioni stracresciuti. Infami, dicevo, avete questo splendore e me lo fate godere assolo. In altri posti (a Livorno, per esempio) non l’avrebbero consentito, e avrebbero imposto alle persone di frequentare (sì anche a gennaio) obbligatoriamente la spiaggia a tutte l’ore, a mangiare, e correre, e amoreggiare.

spiaggia

Chi vive in selve…

elban

 

 
 
 

Solitudine amata,
Le bell’ombre ch’hai tu, son puri lumi,
Che ne l’età dorata
Fosti stanza et albergo ai sommi numi,
Onde chi vive in selve,
S’assomiglia agli dei, non a le belve.

Girolamo Fontanella –  Ode alla vita solitaria via Biblioteca Italiana (nuovo link Ode alla Vita Solitaria)

The quest for the perfect song – 1 – Billie Holiday – Don’t Explain

Alla ricerca della canzone perfetta – primo tentativo

Billie Holiday – Don’t explain

una spiegazione della (semplice) e triste storia alla base della canzone in questo articolo in inglese sulla  NPR

Il testo (clamorosamente autoesplicativo: la grandezza è semplicità)

Hush now, don't explain
Just say you'll remain
I'm glad your back, don't explain

Quiet, don't explain
What is there to gain
Skip that lipstick
Don't explain

You know that I love you
And what love ain't does
All my thoughts of you
For I'm so completely yours

Cry to hear folks chatter
And I know you cheat
Right or wrong, don't matter
When you're with me, sweet

Hush now, don't explain
You're my joy and pain
My life's yours love
Don't explain

Notti nervose con i mostri

Serate imperdibili su fuori orario da venerdì notte Russ Meyer e Ishiro Honda (o Inoshiro) in un connubio esplosivo. Notti nervose per i videoregistratori. Il mostro tricefalo Ghidorah è protagonista- annuncia trionfale il sito di FuoriOrario, da anni l’unico vero programma di cinema in televisione (cicli di film intendo e forse c’è solo l’eccezione, se vogliamo, dell’egualmente kitsch / straniante “I Bellissimi” di Retequattro).

Notte imperdibile anche questa di oggi col mostro monocefalo, Palin a sfidare il canuto trapiantato Biden (e non mi viene in mente altri politici tricotrapiantati, ma sarà una mia mancanza) nel vice-dibattito che speriamo la 7 trasmetta dalle 3 del mattino. (Russ Meyer vs Ishiro Honda anche questo perché no?).

Venerdì notte: Gli eredi di King Kong (Kaiju soshingeki, Giappone, 1968, col., v.o.vott.it. 89’) –

Regia: Ishiro Honda Con: Akira Kubo, Jun Tazaki, Andrew Hughes

Sabato Notte: L’invasione degli astromostri
(Kaiju daisenso, Giappone, 1965, col, v.o. sott.it., 94’)
Regia: Ishiro Honda
Con: Nick Adams, Akira Takarada, Kumi Mizuno, Jun Tazaki, Akira Kubo
Gli astronauti Glenn e Fuji a bordo di una navetta spaziale atterrano sul pianeta X nel sistema gioviano. Qui scoprono che gli umanoidi suoi abitanti vivono nel sottosuolo per proteggersi dagli attacchi del mostro tricefalo King Ghidorah.

Domenica Notte: Dogora il mostro della grande palude
(Uchu daikaiju dogora, Giappone, 1964, col., v.o. sott. it., 83’)
Un satellite in orbita nello spazio è stato distrutto e i sospetti ricadono su una banda di ladri di diamanti (usati nei meccanismi del satellite). Ma uno scienziato scopre una medusa gigante diretta verso l’atmosfera terrestre. Mentre la polizia è sulle tracce della banda di gangster, la creatura spaziale minaccia il pianeta.

Venerdì 10 Ottobre

Rodan il mostro alato
(Sora no daikaiju radon, Giappone, 1956, col., 83‘, v.o. con sott. it.)
Regia: Ishiro Honda

Matango il mostro
(Matango, Giappone, 1963, 1963, col., 90‘, v.o. con sott. it.)
Regia: Ishiro Honda

Latitudine zero
(Ido zero daisakusen, Giappone, 1969, 90‘, v.o. con sott. it.)
Regia: Ishiro Honda

maggiori particolari sul sito di fuoriorario Rai.it – Cinema

Rimane da chiedersi se saranno le prosperose eroine di Meyer o i minacciosi mostri plastici a turbare più le notti. Ai brufolosi teen-ager che vorranno vedere questi capolavori per la prima volta: (ghezziane) buone visioni.

Il ragazzo e il suo cane

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“Sono passati solo ventidue anni”.

Alla fine è bello avere un’età in cui si può dire una frase del genere. Ventidue anni dopo ho ancora la copia del “Science Fiction Film Source Book” di David Wingrove comprata per poche migliaia di lire alla benemerita “Borsa del Fumetto” a Milano, polverosissimo  reperto che ha passato buona parte di questo quasi quarto di secolo su armadi o in scatole sotto il letto. Nel libro, segnati con un puntino (a matita, quasi invisibili) i film visti. Non segnato, e in attesa di esser visto, con una favorevolissima recensione: “A Boy and His Dog” (Usa, 1975) dall’acclamata short story di Harlan “Non ho bocca e devo urlare” Ellison (che, pluripremiato dal fandom, è un autore tutto da riscoprire). Dunque la visione, (che io sappia il film non è mai passato in Italia) ha atteso ventidue anni, quando sul benemerito Public Domain Torrent (che ha una discreta collezione di genere) ho scoperto pubblicato il DivX del film – post-atomico ben classificato nella gradevole classifica top 50 dystopian movies. (Io però preferisco la dizione “Utopia Negativa” e la metà dei film citati tra i cinquanta, effettivamente non sono del genere).

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Bella fotografia e storia pompata negli aspetti grotteschi criticava (con una certa ragione) Wingrove. Non il peggiore degli adattamenti, dunque, sorte che, nel campo della SF tocca a Dick (tutto oscenamente massacrato o tradito a cominciare da Blade Runner – bello ma non dickiano- per arrivare a Minority Report – non bello e ancora meno dickiano) come autore e a “I am Legend”** come romanzo.

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Il capolavoro di Matheson festeggia quarant’anni di riusciti tentativi di massacro (e forse il primo film “L’ultimo uomo sulla Terra – con Vincent Price è il migliore – anche questo su Public Domain Torrents) culminati con la versione del 2007. Un film con un pregevole Wil Smith che butta via la storia per un finale immondo e perchè non si può fare a meno (pensano i produttori di oggi) di milioni di dollari di CGI che rendono i vampiri appena meno realistici dei  mostri di un videogioco.

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E anche il medio The Omega Man (in Italiano con l’epico titolo “1975:occhi bianchi sul pianeta terra” – passava su Raitre e su Retequattro a orari antelucani) che Wingrove stroncava e che “I’m the Legend” prende alla base proprio come un remake, alla cura del tempo sopravvive quasi migliorando per i basettoni di Charlton Heston (epico pure lui), un John Colicos spiritato, lo split screen (nostalgia della mia gioventù) e le improbabili pettinature afro.

primer

E allora qual è la migliore fantascienza di oggi?  Quella mumble-core di “Primer” (Usa, 2004) (sul sito si può comprare il DVD d’importazione) dove giovani ingegneri (nerd più che geek) con le camicie in acrilico cambieranno il mondo da un laboratorio nel garage (ma è impossibile!!), quella teoretica superstring di “Sunshine” (ingredienti: q-ball, solitoni etc. etc.)  quella accanitamente politica di “28 Weeks Later”,  quella vittoriana quasi steam-punk di certe serie americane bgalactica

(da Battlestar Galactica a Lost a, perchè no,  House MD). Al confronto  quanto mi deludono i megablockbuster o i “cristologici” a la Children of Men*.

Allora ben vengano i (piccoli) classici di trent’anni fa.

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* Children of Men però scatena tutta la mia passione per la musica sacra –  la colonna sonora (John Tavener qui recensita) è al servizio della natività penitenziale, compresa un’eccezionale versione di Good Bye Ruby Tuesday che da sola vale il biglietto. Canta Battiato, ovviamente.

** David L. Pike parla di Will Smith e confronta “I’m the legend” con “A Boy and His Dog” in questo bell’articolo di Bright LIght che ho, inconsapevolmente, plagiato per il titolo del mio post. Non per nulla è il mio sito di cinema preferito.

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Un altro, disordinato, elenco di film post-apo.

Se quel guerrier io fossi

teatro Respirare, anche se solo per qualche ora, per qualche giorno, l’aria magica del teatro (o la prosaica polvere che il corpo di ballo muove sul palcoscenico) riporta a passata passioni.

Razionalmente riconosco che non resisterei (più) alla vita nomade e miserabile delle trasferte e delle tournèe con le compagnie di giro, i baracconi di nani e ballerine, solisti sfiatati e invecchiati, vestali appassite, inguaribili appassionati, criptonarcisi, volpi senza furbizia  e vixen senza sensualità.

Eppure mi mancano i finali travolgenti e gli acuti, il fa cercato (e raramente trovato) strizzando il diaframma o il sol bemolle basso (chiusura di Aida, ancora per fare un esempio) che dilata e fa vibrare il petto, le uscite in scena e gli scherzi prima che apra il sipario, concentrati perché non si perdano le parole e non si sia costretti a mugugnare solo inventate vocali (il pubblico lo saprà ?) oppure non si prendano (capita: mi è capitato) attacchi dassolo e fuori tempo (ma non tanto, appena una battuta prima).

Mi manca ancora di più il dopo spettacolo quando, l’adrenalina ancora alta, a notte fonda si cena e si scherza – le voci sfatte o ancora impostate e il trucco che si sfalda – e si conosce persone nuove. A volte, se si è fortunati, un poco ci si innamora.

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