Ho visto, con l’immaginazione, un film che non ha ancora visto nessuno: “Black Dahlia” di B. De Palma. Perchè “La Dalia Nera” è il migliore e il mio primo Ellroy, letto dietro consiglio di un vero libraio, come nelle grandi città davvero non ci sono più, e infaustamente più volte consigliato.
(Perchè è un libro dove la violenza traborda le pagine e ti fa male). Perchè sono sicuro che De Palma tradurrà (come Hanson in L.A. Confidential ) con la necessaria patina anni quaranta e la usuale competenza, nè mancherà il piano sequenza pezzo-di-bravura che farà tutto (con l’esclusione della hors categorie Scarlett Johansonn) molto già visto.
Magari mi sbaglio ma si rilanceranno le storie trucide della Holliwood nera (che già infestano il web e ho paura anche solo a citarle).
Magari mi sbaglio ma ugualmente mi premunisco e provo a procurarmi una copia di “La Dalia Azzurra“, il film del 1947 alla base del soprannome della vera vittima. Un film veduto l’ultima volta una ventina d’anni fa ma ancora abbastanza in memoria (grazie ad un’altra hors categorie: Veronica Lake).