mercoledì, 2. ottobre 2002, 12:33

– Bene, cominciamo il Requiem di Filippo Giasone Gherardini* –
– Come, il Requiem di chi ? –
magari qualcuno s’aspettava qualcosa di più noto: ci tocca invece la famigerata "prima esecuzione in tempi moderni".
Riscoprire mottetti di Taurinazzo Taurinazzi*, o eseguire con l’orchestra filologica (completa di spinetta poligonale, violone da ginocchio, tiorba, agrippone e d’ogni strumento negletto da almeno tre secoli) l’ineffabile concerto di Fra’ Acciaione Acciaioni da Gualdo Tadino*.
Penso che sia ciò che i cori di tutto il mondo (e i pubblici, probabilmente) temano di più: questi pezzi dimenticati da secoli in genere strameritavano l’oblio e la generosa pietà del tempo.
Un requiem poi, uno dei testi più belli e pregnanti della liturgia cattolica, musicato da maestri d’ogni epoca risultando in dozzine di capolavori dal monodico gregoriano a Duruflè.
E’ un testo (in realtà è una collezione di brani anche abbastanza disomogenei) per nulla triste o melanconico nell’atmosfera; alla preghiera iniziale molto dolce seguono brani quasi horror in una didascalia del giudizio finale che penso avesse lo stesso effetto catartico negli ascoltatori di una volta delle storie di Stephen King oggi.
Mi piace: dipinge un quadro dell’uomo e dell’umanità sempre in bilico sull’inferno del "non essere" di fronte ad un Dio decisamente meno "politically correct" di quello che la religione sincretico-occidentale ci prospetta oggi.
Ad un certo punto, in prima persona, il protagonista della preghiera dice più o meno:
"di me cosa sarà <nel giorno del giudizio>, con quale rigore verrò giudicato io, peccatore, in un momento in cui sarà in pericolo anche chi è sempre stato completamente puro e giusto ?"
Non ce n’è per nessuno.
Figuriamoci per Gherardini*.

Una pagina dedicata alla storia del requiem

La musica che apre Shining (il tema è quello del Dies Irae gregoriano rivisitato dalla Sinfonia Fantastica di Berlioz) e quella che accompagna la scoperta di un certo monolite sulla Luna.

Ecco cos’è la morte:La grande solitudine. Ricordo la prima volta che ho fumato erba da una pipa ad acqua (…) il fumo era fresco e non mi sono resa conto di averne inalato troppo. All’improvviso sono morta. Per un breve istante, ma che dev’essere durato diversi secondi (…) Poi, dopo un po’ hanno ricominciato a proiettare il film. La pellicola che chiamiamo realtà.

Philip K. Dick
SCORRETE LACRIME, DISSE IL POLIZIOTTO
(Flow My Tears, the Policeman Said, 1976)
Milano, Mondadori, 1998

Flow my tears è anche una canzone di Dowland.

Be’, quando c’è il concerto?

 

*La storia è vera, i nomi dei musicisti pietosamente cambiati.