Incomincia sabato sera, quando rientriamo da Chiusdino, gli amici stressati dai desserts e dalle curve della lunga strada percorsa per tornare a casa dal pranzo di P. sotto il ciliegio. Alle nove sto guidando all’altezza di Livorno quando spazziamo un muraglione d’acqua quasi coerente che, grazie a Dio, subito si placa per dare inizio a un concerto di tuoni e un balucinio di lampi da fare impressione. Io, gradasso, dico solo: – Adoro i temporali estivi, mi verrebbe voglia di correre nei campi quando sento quest’atmosfera elettrica: conosco chi ha paura dei temporali e dei fulmini ma a me piacciono troppo –

Il monsone prosegue domenica mattina. L’amato fulmine mi ricambia e si precipita alle sette e quaranta, mentre io m’ero alzato da qualche minuto quasi aspettandolo, all’interno della mia camera, salutando con una blanda sovratensione l’alimentatore del mio monitor LCD (e speriamo questo si riprenda) e lasciandomi intontito con un azzurrino luccichio di scherno e giusto quel po’ d’odore di ozono che non guasta. Non penso a niente, il computer è salvo, rimpiango solo di non poter vedere i DVD di cui m’ero farcito.

Perché non ribadire stamane ? Giove pluvio punisce l’arroganza di uno colpendone mille. La pioggia non smette, fortissima per ore ed ore. Via S. si allaga e noi del palazzo non si riesce ad uscire. Arriverò in ritardo al lavoro ma per i negozianti è andata peggio.
Steso sul letto, prima d’uscire, rimiro le ombre umide che si formano sul muro di casa.
In lontananza l’urlo bitonale di un mezzo dei pompieri.