et albo versòrio teneba, et negro sèmen seminaba

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Cibo per la lettura – dieci strepitosi saggi di scienza naturale

Da vorace lettore sono sempre alla ricerca di spunti per trovare libri che vale la pena di leggere. Negli ultimi diciotto mesi ho cambiato decisamente genere (è vero che non si trova un buon romanzo ? – se qualcuno ha suggerimenti è ben venuto) e sono passato a leggere sempre più quelli che (bel nome) in Italia si chiamano  ‘saggi’. Magari qualcuno cerca consigli: quelli che seguono sono alcuni dei libri che ho letto (o riletto) in questo periodo e che (con molto poco peso specifico) consiglio. Non solo interessanti e di grande valore storico (o scientifico e/o divulgativo e questo non lo dico io) ma sono, soprattutto, una goduria da leggere.

Ecco la lista

  • Richard Dawkins Il Gene Egoista Mondadori
  • James D. Watson La doppia elica Garzanti
  • Francis Crick La Scienza e l’Anima Rizzoli
  • Jared Diamond Armi Acciaio e Malattie Einaudi
  • Stephen J. Gould Intelligenza e Pregiudizio Il Saggiatore
  • Paul Davies Da dove viene la vita Mondadori
  • Jacques Monod Il Caso e la Necessità Mondadori
  • Stephen J. Gould Otto piccoli porcellini  – riflessioni di storia naturale Bompiani
  • Erwin Shroedinger Che cosa è la vita Adelphi

hors categorie

  • Charles Darwin L’Origine delle Specie

She came in through the bathroom window

775 inutili parole su Heroes serie americana di fantascienza -Youtube- riti di iniziazione – fumetti – documentari – Matrix vs Equilibrium

La prima sequenza di Heroes1) Per qualche ragione il rito d’iniziazione, per il giovane (in genere maschio) che scopre i poteri o meglio di potere, coinvolge un palazzo, un terrazzo e una caduta. Per qualche ragione o forse per l’influsso di un vecchio documentario che David Attemborough girò nell’Isola di Pentecoste pubblicizzando l’arcaico rito del tuffo dalle torri di legno e che divenne un classico di “Avventura” o di qualche programma similare della splendida RAI degli anni 70. (Stessa probabile origine per il più canonico “bungee jumping”, se vogliamo.)

2)Come nell’isola di Pentecoste, se si vuole crescere davvero bisogna buttarsi.
Ovviamente si butta Dane McGowan dagli oltre 200 metri di Canary Wharf il grattacielo più alto di Londra, dove il suo folle mentore (uno dei sui folli mentori) lo conduce… è una delle scene più intense di “The Invisibles”, il geniale e squinternato fumetto di Grant Morrison: si butta e gli si apre un nuovo coraggioso mondo onirico e cospiratorio.
È la scena più smaccatamente copiata in “Matrix” il film che vanta il più grande numero di “ispirazioni”: mi ricordo che quando l’ho visto la prima volta, al benemerito cinema estivo Roma, al termine ero soddisfatto e frastornato dalla quantità di “ispirazioni” appunto, e mi chiedevo se sarebbero arrivate le cause per plagio almeno dagli eredi di Phil Dick. Ironia della sorte Matrix ha avuto un plagio quasi totale (con addirittura una scena totalmente ripetuta) con l’interessante “Equilibrium”.
(Interessante, soprattutto, comparare il migliore attore dei nostri giorni – Christian Bale ormai destinato ad essere oggetto di culto per la sua bravura “disumana” – con Keanu R. probabilmente il più inespressivo di tutti e in Matrix semplicemente inerte).

3) Se è necessario sporgersi sul ciglio del precipizio e buttarsi per crescere, allora perchè non farlo quel passo avanti? Se siamo gli eletti voleremo (o almeno sopravviveremo alla caduta) è matematico, e diventeremo eroi.
“Heroes” è la serie che NBC manda in onda con successo (destinata ai canonici 22 episodi di una serie completa ed oltre) e che, immagino, vedremo compiere la trafila alla “Lost”, prima sapidamente a disposizione di chi paga Sky e poi rovinata da RAIDUE a botte di tre episodi per volta. (NB. invece voci di corridoio me la dicono acquistata da Mediaset per Italia 1: – destino per altri versi immutato). Nella prima scena di Heroes un venticinquenne Peter Petrelli (un Peter P. come l’amazing Peter Parker, un altro che regola i conti postpuberali lanciandosi dai grattacieli) sul tetto del palazzo di New York si butta e vola via: è il sogno inspiratore. I superpoteri, lo sappiamo già, arriveranno e con quelli anche la canonica dose di superproblemi (Stan Lee secondo me, ci fa il pensierino ad una bella causa).
In lieve variazione sul tema ripete la cheerleader Claire, buttandosi da una impalcatura nel suo sesto tentativo di farsi del male davvero. Ma il suo superpotere è un “healing factor” anche più efficiente di quello di Wolverine e mentre le ossa si riformano e i tessuti lacerati si riparano le basta poco per rimettersi in sesto: anche per lei la prova di iniziazione è superata (infatti diviene ufficialmente un’eroina salvando subito un tale in un incendio). Avrà anche lei i suoi problemi ?
Più metaforico il salto di Hiro Nakamura, eroe eponimo della serie, capace di “curvare lo spazio tempo” e saltare per il tempo avanti e indrè (e ci aspettiamo la solita razione di paradossi). Hiro è il più interessante degli “heroes” e il più onesto: siccome i debiti si pagano testimonia subito qual è la sua fonte, il suo manuale del viaggio del tempo. È “Giorni di un futuro passato” la miniserie di X-Men scritta da Chris Claremont negli anni ottanta (ok, Chris, ti dobbiamo una birra!).
4) Heroes, come “Matrix” è una divertente e ben scritta saga del già visto: vero e super fumetto televisivo anche se, criticano giustamente alcuni, chiamare graphic novels le quattro pagine a fumetti disponibili sul sito ogni settimana, sembra un po’ esagerato. Heroes deve la trama supercomplicata e il festival dei personaggi a “Lost” e al suo strepitoso successo. Condisce con un realismo supereroista ispirato a “Watchmen” che, prevedo, vedremo filtrare sul grande schermo nei prossimi progetti delle major, aggiunge i soliti intrecci amorosi, non comuni tocchi grand-guignoleschi e qualche ingenuità attoriale. Con la solita, encomiabile, splendida fotografia vero tratto distintivo della fiction di qualità americana (e vero handicap delle produzioni de’ noaltri)

l’inizio di Heroes momentaneamente disponibile su YouTube.

And so I quit the police department
And got myself a steady job
And though she tried her best to help me
She could steal but she could not rob

She came in through the bathroom window, nella versione strozzata di Joe Cocker era la sigla di “Avventura” (ca 1975/78)

It may be the best song on the finest album by the greatest rock group of all time.

Black Dahlia

Ho visto, con l’immaginazione, un film che non ha ancora visto nessuno: “Black Dahlia” di B. De Palma. Perchè “La Dalia Nera” è il migliore e il mio primo Ellroy, letto dietro consiglio di un vero libraio, come nelle grandi città davvero non ci sono più, e infaustamente più volte consigliato.
(Perchè è un libro dove la violenza traborda le pagine e ti fa male). Perchè sono sicuro che De Palma tradurrà (come Hanson in L.A. Confidential ) con la necessaria patina anni quaranta e la usuale competenza, nè mancherà il piano sequenza pezzo-di-bravura che farà tutto (con l’esclusione della hors categorie Scarlett Johansonn) molto già visto.
Magari mi sbaglio ma si rilanceranno le storie trucide della Holliwood nera (che già infestano il web e ho paura anche solo a citarle).
Magari mi sbaglio ma ugualmente mi premunisco e provo a procurarmi una copia di “La Dalia Azzurra“, il film del 1947 alla base del soprannome della vera vittima. Un film veduto l’ultima volta una ventina d’anni fa ma ancora abbastanza in memoria (grazie ad un’altra hors categorie: Veronica Lake).

Le Parole della Fantascienza

mercoledì, 10. novembre 2004, 13:06

Le parole della fantascienza (II)

e quando sono nate.

-‘ quanto hai pagato quel drone’
-‘1500 crediti’

Groundhog, per esempio ‘Terricolo’ in italiano, è chi non ha mai abbandonato il pianeta. ‘Space shuttle’ risale agli anni cinquanta.
Alcune mi piacciono più in Inglese che in Italiano. La parola ‘Astrogatore’, tipicamente heinleniana, non l’ho mai sopportata.

http://www.jessesword.com/SF/sf.shtml

https://sfdictionary.com/

Le maschere di Sirene

moonmoth-2

Le maschere di Sirene sono il simbolo di tutti gli artifici con cui l’uomo cerca di affrontare il mondo

Riccardo Valla: L’universo in maschera di Jack Vance

Sirene non è un pianeta tranquillo.
Fan, la capitale, è un intrico di moli e canali sul Litorale Titanico, l’unica zona civilizzata.
Il continente è territorio dei barbari. Il mare esterno infestato di feroci animali.
I Sireniani, che comunicano tra loro cantando accompagnandosi con dozzine di piccoli strumenti musicali portatili suonati abilmente, hanno costituito una strana società individualista-edonista-guerriera.
Ogni cittadino guadagna/mantiene il proprio “strakh” (prestigio/onore/classe) con le proprie abilità di artigiano, di guerriero, di musicista (in genere interlacciate).
Lo “strakh” di un uomo, l’unica moneta di Sirene, è evidenziato dalla elaborata, artistica maschera che ciascuno indossa -per non dover mai perdere la faccia.
Un’uomo di indiscusso valore indosserà un’Orco Silvano o una Tigre dei Venti del Sud, uno studioso sfoggerà un Gufo Speleo o un’Astrazione notturna. Uno straniero, giù in basso nello strakh, potrà appena permettersi una Falena Lunare o un Grillo Lacustre, mascherine comiche e senza pretese appena un po’ più su dei cenci di stoffa che nascondono il viso degli schiavi. E’ chiaro che i più valenti artigiani si contenderanno l’onore di donare schiavi, barconi, maschere, artifatti ad un Dominatore del Drago Marino, ricevendo loro stessi un vantaggio in strakh dall’accettazione del loro lavoro da parte del Lord Eroe.

Ogni uomo è una maschera su Sirene. Ogni maschera un’attestazione di status.

Le maschere si usano in ogni momento, in accordo con la filosofia per cui uno non deve essere obbligato a mostrare un’immagine imposta da fattori che esulano dal proprio controllo, e deve godere della libertà di scegliere l’aspetto esteriore più consono con il proprio strakh. Nell’area civilizzata di Sirene (il litorale titanico) nessuno mostra il proprio volto nudo per nessuna circostanza: esso costituisce il segreto fondamentale dell’individuo.

Sul nostro pianeta, la vecchia Terra, lo “strakh” è legato al lavoro, alla posizione sociale, ai soldi, all’aspetto fisico, all’abilità nei rapporti umani. Ricordo un amico che, vedendo una ragazza di bell’aspetto accompagnarsi con un ragazzo di (presumibile) “strakh” inferiore chiamava questo fatto “un abominio”.
E’ vero, tuttavia, che lo “strakh” si simula o si acquista: le nostre maschere sono l’abbigliamento (andate ad un colloquio di lavoro senza giacca e cravatta e fatemi sapere), la proprietà di linguaggio e l’accento, il corpo palestrato e il seno ristrutturato.
Più semplicemente è sufficiente una Porsche nera per acquisire uno strakh decisamente elevato.
Forse è meglio Sirene. (Questa frase la canto, accompagnata dal Gomapardo.)

Jack Vance creatore di mondi e ingegnere dell’utopia: una comunità di internettiani pubblica l’opera integrale. Sulle vecchie bancarelle, la migliore edizione della “Falena Lunare” in “I Figli dello Spazio” – Grandi Opere Editrice Nord -antologia assolutamente imperdibile – Traduzione di G.L. Staffilano. In questi giorni in edicola nel Millemondi Estate dedicato a Vance.

Avendo un paio d’ore di connessione veloce disponibile c’è questo radio-dramma (inglese). (ora su youtube)

Belli Brutti e Britti

mercoledì, 7. maggio 2003, 17:28

Un bel Blog tecnico simiandesign

le esilaranti recensioni al film (di fantascienza ?) più brutto di ogni tempo per gli americani – gli italiani lo stroncavano con disincantata serietà come s’usa per la maggioranza degli stolidi action d’oltreoceano.

Incipit blog sembra chiuso: chiederei di postare il più brutto

Le palle cozzarono insieme due volte, forte.
“Tac tac!” fece il conte Perlotti guardandole correre attento, con il gesso nella destra e la stecca nella sinistra.

( E’ troppo bello, lo dovevo ripostare!)

Britti come Arigliano che 7000 caffè gli aveva bevuti prima (1963) secondo questo mio concittadino [post del 1 aprile ma dove sono i permalink su il cannocchiale?] che mi leva il primo posto in google in questa ricerca. Boh, sarà che la mia pagina è un po’ più vecchia.

La Sars ha una mortalità inquietante ma per alcuni è solo un meme.

Il quiz di oggi (linguistico-fonetico)
Quale relazione, oltre alla abbondanza di vocali, lega le parole
Wyoming, Aiuola, Baule, Aurelia e Palaia?

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