martedì, 29. aprile 2003, 18:23

Comprato, tre euro insolito remainder al Panorama, letto in tre orette scarse in viaggio per Roma, appena attratto dalla copertina (mi impongo sempre di non leggerne il retro e l’infame riassuntino) e non ricordando l’autore dell’iperfamoso Fight Club.
E’ che il diretto non offre molto altro, solo due infami salgono a Livorno e scambiano tra loro – voce sufficiente alta per disturbare la mia lettura – segreti che io non spiffererei il confessionale (o -per cambiare metafora- a Guantanamo) e che ho il pudore di non trascrivere in un blog anonimo.
Solo la faccia di uno degli sciamannati a tentare di individuare il titolo del libro.
Io, lo sconosciuto di fronte, a leggere in dieci minuti quanto lui in una vita. Contraltare: lui, ventun’anni, in dieci minuti sfoggia una biografia (da romanzo) che io non avrò -intuisco- mai.

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Roma è ottocentoventitre kilometri percorsi in tre giorni tra grandi raccordi anulari, tangenziali, ville a Tivoli e trattorie per li castelli ristoranti brasiliani e strade più perse che ritrovate, gli amici che spesso picchieresti, 63 Mb di jpeg (130 fotografie -non avevo altre schede- ), tre scemi in giubbottini di pelle nera – noi – che rialzano il bavero a simulare una mascherina al passaggio di un’allegra, sanissima, famigliola di cinesi in gita sotto il Vittoriano, gli stessi tipi loschi in nero che vagolano a notte, penetrati senza controllo lungo oltre l’orario di chiusura, per un modernissimo e celeberrimo auditorium fino a decidere di consegnarsi alle guardie giurate che, forse, rivedono i loro standard di sicurezza.